L’Ordine degli architetti di Novara e Verbania Cusio Ossola mette al centro dell’attenzione il contenuto dei concorsi di architettura e stimola le amministrazioni a una maggiore chiarezza sugli obiettivi e sui contenuti degli strumenti stessi. Il primo punto è il concorso di idee: “Questo – sostiene il presidente dell’Ordine Pierluigi Benato – in generale in Italia è per lo più una mera esercitazione progettuale, non adeguatamente compensata e senza alcuna possibilità per i partecipanti di vedere realizzate le proprie proposte, e quindi per i cittadini rappresenta uno spreco di risorse. Esattamente al contrario di quanto dovrebbe accadere e virtuosamente avviene negli altri Paesi Europei”. Nell’area novarese sono diversi gli esempi di queste scelte che non garantiscono i progettisti partecipanti e nemmeno le amministrazioni, che peraltro troppo spesso tentano di rielaborare i progetti pervenuti utilizzando parti di diverse autori.
Nello specifico si sono esplicitate questo tipo di perplessità nei riguardi del concorso bandito per la riqualificazione di Piazza Martiri a Novara – tema già oggetto di un analogo concorso nel 2000 e non realizzato se non in minima parte – per questo motivo l’Ordine ha chiesto una serie di modifiche. Situazione analoga per il bando relativo alla riqualificazione dell’area di Piazza Municipio a Macugnaga. Qui la richiesta è stata la revoca del bando, in assenza di garanzie di affidamento dell’incarico al vincitore, di rispetto delle competenze professionali per lo specifico tema, per la carenza della documentazione e la non congruità dei premi previsti.
L’Ordine di Novara e Vco ribadisce la disponibilità al confronto con le amministrazioni, ma nel segno della garanzia della qualità dell’opera, anche se c’è un aspetto non secondario che va chiarito.
“Stiamo rispondendo – afferma il presidente dell’Ordine Benato – alle Pubbliche amministrazioni che ci chiedono di partecipare a giurie, commissioni, organi tecnici senza nessun compenso e senza nessun gettone o rimborso spesa, anche minimo. Questa prassi risulta contraria alle norme che disciplinano le forme contrattuali ammesse dal nostro ordinamento per la prestazione d’opera intellettuale e fortemente lesiva della dignità professionale nei confronti degli iscritti. Se un’amministrazione chiama un elettricista o un idraulico per una modesta riparazione questa prestazione ha un costo che va corrisposto. Se chiama un professionista per partecipare a una commissione qualificata di esperti che dura magari qualche anno (con decine di riunioni e grande impegno professionale) non intende magari nemmeno rimborsarlo delle spese vive. Vi è qualcuno, qualche responsabile del servizio che è in grado di spiegare questa iniquità? Il lavoro, così come valore costituzionalmente garantito è nel frattempo – ma solo per qualche ‘privilegiato’ –diventato gratuito?".