Corriere di Bologna 
27 giugno 2015
Fernando Pellerano

 

Ci sono tre giovani architetti bolognesi dietro il progetto dell’Opificio Golinelli. Tre amici che da neolaureati — hanno studiato tutti insieme a Ferrara — hanno avviato la loro attività nel 2003 ad appena 27 anni: Diverserighestudio. Sono Simone Gheduzzi, Nicola Rimondi e Gabriele Sorichetti: classe ’75 e orgogliosi neopapà. 

«Diverse» sta ad indicare la propensione a contaminare ed essere contaminati, mentre «righe» è il segmento primo con cui gli architetti progettano. Il nome dello studio non è casuale. Il terzetto, infatti, si è caratterizzato fin da subito per l’intensa attività di ricerca applicata all’architettura. La svolta arriva nel 2010, quando Luca Molinari li invitò alla Biennale in quanto esperti e studiosi della «residenza collettiva»: in quei primi anni lo sforzo era di convincere i committenti, abituati a costruire con il solito schema, che esistevano diverse tipologie e nuclei familiari. In sostanza Diverserighe voleva produrre architettura tenendo al centro l’uomo e le relazioni. Spazi trasformati in luoghi capaci di creare socialità. Conquistata visibilità internazionale la via del terzetto, che comunque era già intervenuto sul territorio intorno a Bologna con «residenze collettive», è cambiata. Ma non il tempo speso nella ricerca e nel lavoro con una visione olistica: non si può fare architettura dall’architettura, dicono, ma occorre essere contaminati da professionalità diversificate (semiologi, musicisti, scrittori, etc). Come detto, al centro l’uomo. Non architettura per «mostrarci», ma per far vivere le persone. 

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Rinascita di una fonderia. Tra tatami grigio perla e materiali del futuro

È pieno di vita, di sensazioni, di opportunità l’Opificio Golinelli: spazi che si rincorrono, diventando luoghi precisi e operativi per le giovani generazioni. 

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