Corriere della Sera - Roma
2 aprile 2015
Giuseppe Strappa

 

Gli abitanti che da Tor Sapienza prendevano gli sgangherati autobus dell’Atac dicevano di «andare a Roma». Il senso condiviso della lontananza si accompagnava al conforto di appartenere a una piccola comunità dove qualche forma di equilibrio solidale dava sicurezza, rendeva vivibili quei luoghi. Le borgate non erano solo l’inferno raccontato da Pasolini. In posti come questo si viveva una sorta di familiarità condivisa poi scomparsa nel magma informe dell’espansione urbana. Alle villette isolate, costruite da una cooperativa socialista negli anni ‘20, si unirono le palazzine del dopoguerra a formare un vero tessuto urbano unificato dai percorsi della Collatina e di via Tor Sapienza.

(...) Poi, in pochi anni, tutto cambia. Uno dopo l’altro, chiudono gli stabilimenti. La città diviene metropoli, con i sui miti e le sue contraddizioni. (...)

 

 

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