linkiesta.it
22 marzo 2015
Fabrizio Patti

 

Siamo diventati un Paese di ex: ex fabbriche, ex caserme, ex scali ferroviari, ex ospedali, ex preture, ex macelli. Da vent’anni le città si sono riempite, se così si può dire, di spazi vuoti. Ma se a lungo questi luoghi sono stati visti come delle opportunità immense per ridare vita alle città e ai centri minori, oggi sono sempre più un problema. Con la crisi dell’edilizia, la saturazione dei centri commerciali e le banche che non finanziano più progetti con la manica larga di un tempo, rischiano di rimanere zone destinate al degrado per un periodo lunghissimo, con tutti i problemi di inquinamento e sicurezza che ne derivano. Per questo è ora di lasciare alle spalle almeno le leggi che hanno frenato fin qui le opere di riqualificazione: normative poco chiare sulle bonifiche, soldi a singhiozzo per i progetti pubblici, approccio confuso alla collaborazione tra pubblico e privato e un regolamento edilizio diverso per ciascuno degli 8mila comuni italiani. Anche perché, alle mille aree vuote delle città italiane si sta aggiungendo un altro fronte: quello delle zone residenziali degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, costruite nel periodo della speculazione edilizia e che ora cadono a pezzi. Gli esempi stranieri, a partire da Marsiglia, dicono che si può intervenire anche con interventi leggeri. E che i soldi del piano Juncker per gli investimenti sarebbe meglio usarli per questo tipo di interventi piuttosto che per grandi opere di dubbia utilità.

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 «I comuni non hanno soldi per mettere a posto le aree, i privati sono in cattive condizioni, le case nuove non si vendono, le banche non fanno più, come qualche anno fa, finanziamenti a progetti anche poco credibili - dice a Linkiesta Simone Cola, componente del consiglio nazionale degli Architetti con delega a cultura, promozione e comunicazione -. In questa situazione possono avere successo solo iniziative su piccoli tagli, magari con progetti di co-housing». 

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Comunicati Stampa

È on line il nuovo sito

È on line, con una nuova veste grafica, con contenuti e sezioni più dettagliate e specifiche e con un grande spazio dedicato alle immagini e ai video, il nuovo sito (awn.it) del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

Un sito più ricco che intende offrire un panorama completo di quanto accade attorno alla professione di architetto, in grado di rappresentare un punto di riferimento al quale attingere informazioni sugli aspetti normativi, deontologici e formativi oltre che attingere sempre nuove occasioni di crescita professionale.

“Con questa iniziativa -  sottolinea Simone Cola, presidente del Dipartimento Cultura, Promozione e Comunicazione -  prosegue il percorso di revisione e di sviluppo del sistema di comunicazione del Consiglio Nazionale,  iniziato con la pubblicazione della rivista “L’Architetto, volto ad ampliare la piattaforma dei saperi e delle conoscenze che riguardano la professione.

“Tutto ciò -  continua - nella volontà di superare ogni logica autoreferenziale per far conoscere meglio la nostra professione, le sue iniziative e le sue peculiarità, anche fuori dal contesto degli addetti ai lavori. Sul sito rinnovato trovano infatti spazio notizie sulle attività del Consiglio Nazionale e del sistema Ordinistico  per promuovere la professione di architetto e per valorizzarne il ruolo, così come tutti i temi connessi al mondo della progettazione per stimolare il dibattito sulla evoluzione delle nostre città e sulla valorizzazione e difesa dei territori, proseguendo il dialogo tra la comunità degli architetti, le istituzioni, la società civile e la politica”.

Dal nuovo sito, sul quale verrà via via implementata la piattaforma per erogare e gestire la formazione continua obbligatoria, sarà comunque possibile accedere alla versione precedente, denominata awn 2007/2014, i cui contenuti saranno comunque sempre navigabili in rete.

Roma, 15 gennaio 2015

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