la Repubblica 
22 giugno 2016
Paolo Boccacci

 

La tempesta della polemica, dopo l’intervista a “Repubblica” del nuovo assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, esplode subito. Il grande sostenitore della pianificazione radicale afferma che il nuovo piano regolatore di Roma ha investito troppo in un cemento che non serve più per rilanciare l’economia della città e che consuma solo suolo. E a rispondergli sono proprio gli ex assessori delle giunte Veltroni e Rutelli.

«Il piano regolatore del 2008» ribatte il dem Roberto Morassut, che lo ha varato «è l’atto conclusivo di un percorso di circa 10-12 anni che attraverso due varianti generali (di Salvaguardia e delle Certezze) ha consentito la fuoriuscita definitiva da quello del 1962 largamente sovradimensionato e superato oltre che tradito quasi subito nelle sue originarie ispirazioni». «Roma nel 1993» aggiunge «era nel caos urbanistico, condizionata da una enorme rendita pregressa che con il nuovo prg alla fine è stata abbattuta tagliando 60 milioni di metri cubi di previsioni edificatorie. Questa manovra fu resa coerente tra il 2001 ed il 2008 con la programmazione della mobilità, assicurò il vincolo a verde dei 2/3 del territorio del Comune e introdusse nuove norme per il recupero urbano e per il contributo dei costruttori alle opere pubbliche». «Poi il piano non è stato attuato» sostiene infine Morassut «perché dopo il 2008 la giunta di Alemanno ha fatto altre scelte in totale contrasto. Per il resto quanto afferma Berdini sulle priorità del trasporto pubblico è ovvio. Ma dovrà fare i conti con le risorse disponibili. Vedremo quanti fatti seguiranno alle parole».

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Ma sulle grandi opere incompiute l’Ordine degli architetti di Roma lancia un appello. Si va dalle Vele di Calatrava, di cui per ora sarebbe prevista la rinascita, al costo di 440 milioni, solo se Roma ospitasse i Giochi del 2024, alla discussa linea C della metropolitana, fino alla sospirata chiusura dell’anello ferroviario, che adesso sta per arrivare fino alla ex stazione dei Mondiali di Vigna Clara. «Noi» afferma Alessandro Ridolfi, presidente degli architetti romani «vogliamo una nuova stagione che cancelli il record negativo del Lazio, la regione con più opere incompiute d’Italia. Dobbiamo completare le opere lasciate a metà, occorre intervenire sul riuso e sulla rigenerazione del patrimonio dismesso e abbandonato ». «Siamo favorevoli» conclude «allo sviluppo della pianificazione pubblica, ma deve esistere la fattibilità delle opere. Bisogna generare sostenibilità economica ».

 

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