La Stampa
15 gennaio 2017
Giuseppe Salvaggiulo
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«Un esperimento senza precedenti. Prima il governo ha trasformato le principali città in aree metropolitane (la superficie di Tirana è cresciuta di 25 volte), poi ha lanciato sette bandi internazionali per ridisegnarle simultaneamente».
Quanto avete lavorato a Tirana?
«Un anno. E tre volte abbiamo organizzato quelle che ho chiamato Leopolde, dibattiti con i cittadini». (...)
Che impostazione avete dato?
«In un’economia basata su un’edilizia sconclusionata e autodistruttiva, abbiamo detto: l’espansione della città deve fermarsi. L’abbiamo cinturata con un bosco orbitale di due milioni di alberi. Poi abbiamo ipotizzato tredici progetti strategici». (...)
Qual è la differenza tra il piano albanese e quello sulle periferie italiane?
«Sono un piccolo Paese, ma più avanti di noi. Dovremmo imparare. L’avevo detto a Renzi: le nostre 14 aree metropolitane, ideali per un progetto Paese, sono in una specie di limbo».
Milano, vista da un ex assessore alla cultura, è più avanti in un Paese che è indietro?
«L’Expo ha catalizzato progetti preesistenti. Ora Milano ha una grande occasione, liberando gli spazi delle grandi infrastrutture di fine ’800 e primo ’900: caserme, scali ferroviari, ortomercato. Ma dovrebbe avere il coraggio di una visione fino al 2030». (...)