Corriere della Sera - Bergamo
9 luglio 2016
Daniela Morandi
Nel bando di Palazzo Frizzoni per la riqualificazione di piazzale Alpini (e di altre due piazze della città) non c’è traccia del degrado e della criminalità che interessano l’area. A dirlo sono stati ieri gli architetti che si sono confrontati, su invito del loro stesso Ordine, proprio in piazzale Alpini, a due giorni dalla rissa selvaggia tra immigrati che ha riportato al centro del dibattito proprio il degrado.
Piazzale Alpini, un problema irrisolto. Ma l’architettura da sola è capace di trovare una soluzione? No, la risposta lapidaria al termine dell’incontro organizzato ieri all’Urban Center dall’Ordine degli architetti e degli ingegneri. E il dibattito sul concorso di progettazione delle «Tre Piazze», promosso dal Comune di Bergamo, è aperto, con sfide non da poco. La più spinosa: il piazzale è un’area degradata, ma di questo nel bando non si parla, anche se la tematica sociale deve essere al centro della sfida di architetti, ingegneri della mobilità, progettisti, professionisti del settore.
Lo dice chiaramente Marcella Datei, presidente dell’Ordine degli architetti: «Tra le piazze in concorso, questa è la più difficile perché coinvolge riflessioni complesse. Ma la scommessa dell’architettura è importante e deve rivendicare la propria funzione etica per migliorare questo punto delicato della città, in questi giorni al centro della cronaca». Dalle sue parole, come da quelle dei relatori, è emerso il disincanto: l’architettura da sola non basta. Deve scendere dal piedistallo teorico ed estetico, relazionarsi con gli attori sociali per capire dal basso le esigenze della città, su cui lasciare un segno. Perché, come illustrato da Marco Tomasi, attraverso una carrellata di immagini, «dal 1951, con il Piano regolatore generale di Giovanni Muzio, a oggi, quest’area è la più studiata. Ma tutti i progetti fatti, che in buona parte prevedevano lo scavalcamento della ferrovia per lo sviluppo a sud, rivelatosi un mito, sono ricaduti nel nulla».
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