Il Sole 24Ore
30 maggio 2016
Cristiano Dell’Oste

 

Un professionista non ha amici. Né parenti. Solo clienti. E se proprio decide di fare un lavoro per il quale non vuol essere pagato, allora emetta comunque fattura, rinunci a incassare la parcella e versi le imposte sull’importo fatturato. 

Non è un consiglio, è quanto hanno argomentato i giudici della Commissione tributaria provinciale di Ancona, bocciando il ricorso presentato da un notaio contro un avviso di accertamento emesso dalla direzione provinciale delle Entrate. Ma è evidente che il caso potrebbe riguardare qualsiasi professionista alle prese con familiari, amici o anche clienti di lunga data.

La sentenza (la 1279/3/2016) suonerà sorprendente a chi si è trovato a predisporre gratuitamente una dichiarazione dei redditi a favore di un parente, di un amico o magari a svolgere, sempre gratuitamente, pratiche per l’associazione sportiva dove gioca il figlio. Eppure, le argomentazioni difensive del professionista sono state bollate dai giudici come «singolari e patetiche». Una bacchettata, per aver affermato che il mancato incasso di onorari, o l’incasso di somme irrisorie, può essere giustificato da rapporti di «consuetudine ed anche di amicizia», così come da «ragioni di cortesia, di convenienza sociale, di buona creanza». Ma, secondo i giudici, «se il professionista avesse voluto omaggiare i clienti/amici, avrebbe dovuto regolarmente fatturare i compensi, declinandone il pagamento e accollandosi l’onere fiscale che, invece, ha accollato allo Stato e quindi a tutti i cittadini contribuenti». 

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