Il Sole 24Ore
30 aprile 2016
Giorgio Santilli
La soft law e i poteri di regolazione affidati alla sua Autorità anticorruzione sono la risposta giusta, «più flessibile e più adattabile della iper-regolamentazione del passato alla velocità con cui evolvono i fenomeni corruttivi», negli appalti. Ma per Raffaele Cantone (foto), presidente dell’Anac, l’urgenza nella lotta alla corruzione «non è nella riforma del processo penale», quanto in una risposta «trasversale» dello Stato che comprenda, anzitutto, una regolamentazione dei finanziamenti ai partiti e alle fondazioni, norme per una selezione della classe dirigente sia in politica che nell’amministrazione pubblica, un inasprimento dell’azione disciplinare nella Pa.
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Che cosa correggerebbe del codice appalti?
Credo che il modo giusto sia attuarlo e verificare quello che non va. Il ministro Delrio ha già detto che c’è la volontà di sfruttare la delega che consente correzioni al codice entro un anno e questo mi pare il percorso giusto.
Però alcune norme destavano anche a lei particolare preoccupazione e su alcune avete provato a intervenire anche con le linee guida.
È vero. Le perplessità, a proposito di corruzione, riguardano le scelte fatte per le soglie relative alle commissioni giudicatrici, anche per un esercizio molto riduttivo della delega. Stesso discorso per la regolazione del sottosoglia che consente procedure ampiamente negoziate sotto il milione di euro. Qui c’è un eccesso di discrezionalità che preoccupa molto e abbiamo per questo deciso con le linee guida di mettere alcuni paletti che garantiscano più trasparenza.