Il Sole 24Ore
24 marzo 2016
Guglielmo Saporito
Passo indietro nella tutela dei beni paesaggistici, con sanzioni penali più diluite: questa è la strada che la Corte costituzionale è stata costretta a percorrere con la sentenza 23 marzo 2016 n. 56. A causa di una legislazione definita «ondivaga», la Consulta ha dovuto comparare le varie sanzioni previste per chi esegue lavori su beni paesaggistici (articolo 181 del decreto legislativo 42/2004). Queste sanzioni sono state ritenute illogicamente più severe a seconda del tipo di vincolo che tutela il bene: l’illogicità, consistente in pene più gravi per gli stessi lavori a seconda del tipo di vincolo imposto sul bene, ha causato un livellamento verso il basso, cioè una diluizione delle sanzioni allineandole a quelle più miti.
Le conseguenze della sentenza della Corte riguardano unicamente i procedimenti penali, mentre rimangono immutate le sanzioni amministrative (riduzione in pristino, sanzioni pecuniarie). Il ragionamento svolto dal giudice delle leggi riguarda una norma del 2004 (Codice Urbani dei beni culturali e del paesaggio) che prevedeva pene diverse per chi esegue lavori su beni paesaggistici a seconda che il bene fosse stato vincolato per legge pure con specifico provvedimento amministrativo (decreto ministeriale).
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