Il Sole 24Ore
17 gennaio 2016
Fulvio Irace
All’inizio degli anni Ottanta – in piena era pre-digitale- accompagnare Gabriele Basilico(1944-2013) in uno dei suoi abituali tour fotografici per Milano, richiedeva dedizione e pazienza. Si poteva attendere per ore il tempo di una posa e di uno scatto, perché abborriva la pratica corrente dell’«istante decisivo». La sua filosofia - «rallentare la visione» – implicava un millimetrico prendere la mira: il che lo faceva assomigliare a un cacciatore, anche per via della sua uniforme da lavoro. Che consisteva essenzialmente in un gilet verde militare con tante tasche da cui di volta in volta estraeva pellicole e vetrini, scrutando il tempo come un marinaio prima di imbarcarsi. D’altra parte, imbracciava la Linhof montata sul cavalletto come un fucile a telescopio, perché in fondo cacciare “immagini” di città era esattamente ciò che ne faceva un fotografo scrupoloso e appassionato. Anche se in verità la metafora che lui amava di più era quella del «medico che per indagare il corpo del paziente, deve necessariamente osservare , nel senso di usare l’esperienza diretta sommata a quella della memoria di altri corpi».
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Gabriele Basilico. Ascolto il tuo cuore, città , Milano, Unicredit Pavilion, fino al 31 gennaio. Mostra e catalogo Skira a cura di W. Guadagnini