Il Sole 24Ore 
25 ottobre 2015
Pier Luigi Sacco

 

Nel nostro Paese c’è chi attribuisce alla cultura una funzione quasi miracolistica, in genere abbinata ad una visione “petrolifera” secondo la quale il patrimonio culturale, un po’ come i combustibili fossili, genererebbe ricchezza per il semplice fatto di esistere, a patto che si individui la “formula magica” che renda ciò possibile (leggi: un modello di valorizzazione capace di generare ingenti profitti dallo sfruttamento turistico-commerciale del patrimonio). C’è chi al contrario nega alla cultura qualunque reale potenziale di sviluppo, considerandola un puro centro di costo per la finanza pubblica e incapace di generare autonomamente valore economico. In realtà tutte e due le visioni sono palesemente infondate. La cultura produce sviluppo, ma attraverso modalità e canali in gran parte diversi da quelli suggeriti dalla visione ”petrolifera”.

(...)

Vi sono poi le industrie culturali (in primo luogo cinema, musica, radio-televisione, editoria e videogiochi) e quelle creative (design e moda, progettazione architettonica, comunicazione e pubblicità) che sono invece non soltanto organizzate industrialmente, ma capaci di produrre ingenti economie. 

(...)

 

Mappa del sito