la Repubblica
4 settembre 2015
Marco Mathieu
Lodz, Tel Aviv, New York, Milano. Ma anche Berlino, Sao Paulo, Seul, Singapore, Londra, Gerusalemme, Las Vegas. E tutte le altre città in cui Daniel Libeskind — architetto nato 69 anni fa in Polonia e cresciuto tra Israele e Stati Uniti — ha vissuto e progettato. Fino a Roma dove, nell’ambito del Festival internazionale della cultura e della letteratura ebraica, Libeskind domani sera sarà protagonista dell’incontro: “La linea del fuoco: città tra memoria e futuro”. «Perché innovazione e tradizione non si possono separare », spiega l’architetto a Repubblica. «Solo la trasformazione è in grado di introdurre qualcosa di nuovo. In architettura, per esempio : se fai qualcosa di astratto, senza riferimenti al passato, il risultato non avrà senso. Devi guardarti indietro per comprendere dove andare».
A proposito di presente, quanto e come il web influenza la progettazione?
«Internet ha rivoluzionato il nostro modo di pensare e analizzare le cose, rappresenta una sfida e un’opportunità continua. Possiamo scoprire in pochi minuti informazioni che un tempo erano prodotto di mesi di ricerca. Il progresso tecnologico ha innovato l’architettura. Ma va ricordato che si tratta di strumenti, che dobbiamo saper utilizzare».
C’è un progetto a cui è particolarmente legato?
«Non puoi mai innamorarti troppo di qualcosa che hai fatto. Ogni progetto è come un figlio: avrà la sua vita e la sua evoluzione, devi volergli bene, averne cura e rispettarlo. Quando immagini qualcosa devi essere pronto ad accettarne le conseguenze: non conta quel che vedi oggi, ma quello che diventerà».
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