Corriere della Sera - Milano
15 giugno 2015

 

«Milano è una scommessa, una città da scoprire un po’ alla volta, dove c’è un gigante nascosto, il Rinascimento». Ma è anche «è la città dell’Illuminismo e del Risorgimento». Antonella Ranaldi, 55 anni, architetto, romana, s’è insediata il 12 marzo scorso alla direzione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio, che con la recente rivoluzione del Mibact ha accorpato le Soprintendenze per i Beni Architettonici e Paesaggistici e per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici della Lombardia. La più grande Soprintendenza d’Italia. Fuori dal suo ufficio ancora per poco ospite di Palazzo Reale (entro fine giugno il trasloco a Palazzo Litta) da tre mesi c’è la coda.

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La Soprintendenza, sottolinea, «è un organo tecnico, siamo indipendenti dai poteri politici, siamo architetti, storici dell’arte, ed è questa competenza tecnica che ci rende autonomi rispetto alle tante pressioni. Quando si parla di tutela e quando c’è in gioco qualcosa che riguarda i luoghi che abitiamo, chiunque si sente di esprimere la propria opinione. Quello che dobbiamo fare noi è avere capacità di giudizio tecnico senza subire condizionamenti in una direzione e nell’altra». Lavorare vicino al territorio «è un principio fondamentale nel nostro lavoro», spiega al ritorno da un sopralluogo al Qt8, per il quale è stato chiesto un vincolo. E di vincoli ce ne saranno molti altri, perché «c’è da aprire il capitolo della ricostruzione post bellica e in questa città ci sono esempi importanti dei progetti, per esempio, degli architetti Figini e Pollini». 

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