Il Sole 24Ore Edilizia e Territorio
Giuseppe Latour e Massimo Frontera
17 aprile 2015
Freno al massimo ribasso. Limiti fortissimi all'appalto integrato. E gare fatte, di norma, sul progetto esecutivo. Letta con la lente di professionisti, la riforma degli appalti che sta nascendo in queste ore al Senato è una piccola rivoluzione, votata all'apertura del mercato della progettazione nei lavori pubblici e alla valorizzazione dei progetti. Spunti che potrebbe prendere ancora più tono se fosse precisata un'indicazione sulla quale, almeno per ora, il Ddl delega dice davvero poco: i requisiti per l'accesso alle gare per i servizi di progettazione.
Il passaggio chiave sulla materia della progettazione è la lettera q) del disegno di legge, in base a un emendamento depositato dai relatori. Qui si affronta, in primo luogo, la questione dell'appalto integrato. Il ricorso all'affidamento di progettazione ed esecuzione in una soluzione unica va limitato "ai casi in cui l'appalto o la concessione di lavori abbiano per oggetto opere per le quali siano necessari lavori o componenti caratterizzati da notevole contenuto innovativo o tecnologico, che superino in valore il 70 per cento dell'importo totale dei lavori".
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Il punto interrogativo dei requisiti
Resta, per adesso, soprattutto un punto in sospeso. Oggi l'accesso alle gare di progettazione è limitato da una serie di requisiti parecchio stringenti, fissati dal Regolamento appalti, in materia di fatturato e dipendenti degli studi. I Consigli nazionali di architetti, ingegneri e geometri si battono da anni per ottenere un taglio di questi requisiti. La riforma non dice nulla di preciso sul tema. Anche se, tra i primi criteri, è previsto il "divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive". Quindi, il nuovo Codice non potrebbe introdurre requisiti restrittivi per i professionisti. Almeno in teoria.
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