Corriere della Sera
15 aprile 2015
Quasi la metà guadagna meno di 15 mila euro lordi l’anno. Solo il 7,6% dice di non avere problemi psicologi legati al lavoro mentre gli altri parlano di stress, ansia, depressione o almeno insonnia. Una vitaccia. Eppure sono pochissimi i lavoratori autonomi italiani che vogliono cambiar vita e sognano il posto fisso: solo il 15,1% vorrebbe avere un lavoro stabile e un contratto a tempo indeterminato. Ci sono parecchie tracce di orgoglio di categoria in «Vita da professionisti», la ricerca dell’Associazione Bruno Trentin presentata ieri a Roma nella sede della Cgil, primo passo concreto di quella proposta per un nuovo statuto che metta insieme tutti i lavoratori, sia dipendenti che autonomi, lanciata nelle ultime settimane dal segretario generale Susanna Camusso. La ricerca si basa su duemila interviste. Architetti, avvocati e partite Iva hanno partecipato su base volontaria ed è quindi possibile che a rispondere siano state le persone più motivate della categoria. (...)
Professionisti, la metà guadagna meno di 15 mila euro. Indagine Associazione Bruno Trentin: il 60% di progettisti e avvocati ha difficoltà ad arrivare a fine mese; pagato puntualmente solo uno su tre
edilportale.com
16 aprile 2015
Alessandra Marra
Quasi la metà dei professionisti (il 45,7%) guadagna massimo 15 mila euro e solo il 21,7% va oltre i 30 mila euro l’anno. Inoltre quasi due professionisti su 3 (60%) hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese.
Questi alcuni dati dell'indagine “Vita da professionisti”, realizzata dall'Associazione Bruno Trentin con il supporto della Consulta delle Professioni della Cgil e della Filcams Cgil.
Lo studio parte dall’osservazione che mentre in passato la possibilità di svolgere una professione specializzata era garanzia di benessere economico, oggi i professionisti sono costretti ad affrontare numerose difficoltà per contrastare la crisi. Secondo i dati Istat i professionisti autonomi in Italia sono quasi 3 milioni e mezzo e si stima che le professioni “ordinistiche” e “non ordinistiche” nel loro insieme contribuiscano per oltre il 18% del PIL.
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