Corriere della Sera
8 aprile 2015
Vittorio Gregotti

 

Anche quest’anno il tradizionale Salone del mobile si aprirà il 14 aprile e ad esso auguriamo tutti ancora una volta il miglior successo economico e turistico. Tuttavia un esame, anche in questa parziale occasione, dei limiti e dell’estensione forse abusiva della nozione di design sarebbe opportuna. 

Lo stato di quello che centocinquant’anni or sono si definiva «disegno del prodotto industriale» - con le proposte del moderno definite nel primo ventennio del Ventesimo secolo e poi con la stilistica della mostra dell’«art deco» nel 1985 a Parigi -, e che negli anni Cinquanta diviene «design», è giunto ormai (insieme alla sua imitazione mercantile di tutte le attività del cosiddetto «fare creativo») a uno stato di disorientamento assai più vasto di quello dell’architettura e delle arti visive. 

(...)

Ovviamente ciò che è diffusamente definito oggi come design è un atteggiamento che vorrebbe investire ogni oggetto e azione della cultura della globalità come neocolonialista dei nostri ambienti, oggetti, informazioni, eventi, costumi..., ma anche relazioni sociali, comportamenti, spettacoli, espressioni soggettive (falsamente) libere attraverso ad una visibilità super evidente, dimostrativi di un’attualità. Non si tratta quindi solo di una disciplina del prodotto, ma del trionfo di una stilistica della seduzione, della varietà senza regole, di una carrozzeria della seduzione. 

(...)

 

Mappa del sito