Il Sole 24Ore
7 aprile 2015
Giorgio Santilli, Alessandro Arona
Le imprese che hanno sempre rispettato i termini contrattuali potranno avere un “premio” di qualificazione agli appalti: i criteri reputazionali, insieme al rating di legalità, sono tra le novità della riforma che debutterà oggi al Senato. Drastica riduzione - da 650 a 250 - degli articoli del codice appalti.
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Nel testo si confermano alcune novità che Esposito conferma prioritarie. A partire dalla eliminazione del criterio di aggiudicazione del massimo ribasso per le gare di appalto di servizi ad alta intensità di lavoro: si tratta, per esempio, delle gare relative all’attività di progettazione. Ma dovrebbe arrivare subito anche l’altolà alla direzione generale affidata dalla legge obiettivo ai general contractor e un drastico taglio alla possibilità di ricorso all’appalto integrato che affida alla stessa impresa progettazione e lavori.
Un’altra novità riguarderà la limitazione delle attività affidate dalle amministrazioni pubbliche (soprattutto locali) in house. Qui il terreno è minato perché le direttive Ue non offrono molti agganci in favore della tutela della concorrenza e piuttosto tutelano le amministrazioni. Difficile garantire forme di gara formale con il gioco delle soglie europee.
Il passo indietro necessario
Da tempo spending review e riforma della Pa sono al centro dell’agenda politica, ma, almeno nel settore degli appalti, finora si è eluso il nodo: quali sono le funzioni necessarie della Pa e quali quelle che vanno lasciate a un mercato trasparente e ben regolato? È possibile ridurre il perimetro della sfera (e della spesa) pubblica garantendo e rafforzando alcuni presidi fondamentali che garantiscano risultati più efficienti?
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Manca in Italia un mercato della progettazione che giustifichi questa forma di protezione del pubblico impiego? Ovviamente no: abbiamo ingegneri, architetti, società di ingegneria, società di progettazione di buona qualità. È vero piuttosto il contrario ed è un’evidenza sintomatica del modello italiano: l’eccesso di presenza della Pa impedisce lo sviluppo di un mercato della progettazione. Anche altre ragioni, tutte gravi, concorrono in realtà ad aggravare questo limite italiano: la marginalità del progetto (per favorire invece la centralità della variante in corso d’opera), il trasferimento in molti casi della progettazione alle imprese di costruzioni (appalto integrato), la negazione dello strumento altrove dominante in Europa del concorso di progettazione e, al fondo di tutto, una incapacità della pubblica amministrazione di svolgere il compito che sta a monte del progetto, l’individuazione e l’esplicitazione dei fabbisogni pubblici che l’opera pubblica vuole soddisfare. Non si riesce a far capire l’importanza del progetto in Italia perché la Pa non riesce a esplicitare in modo adeguato a cosa serva l’opera.