Il Sole 24Ore
25 febbraio 2015
Giorgio Santilli
«Con il Bim i costi di costruzione in Italia possono scendere del 30% grazie alla drastica riduzione degli errori progettuali e di gestione del cantiere». Lorenzo Bellicini, direttore generale del Cresme, mette a fuoco subito uno degli aspetti chiave del Building Information Modeling, una metodologia informativa che simula passo dopo passo il processo costruttivo lungo un cronoprogramma e tiene insieme progettazione in 3D, gestione della filiera e dei materiali, project management e gestione del cantiere. Il Bim è il “cavallo di Troia” della rivoluzione digitale che sta cambiando la faccia del settore delle costruzioni negli Usa, nel Regno Unito e nei paesi scandinavi e ora sta arrivando nell’Europa continentale, con francesi e tedeschi desiderosi di recuperare il gap. Il Bim è stato ed è anche la base per una politica industriale radicale che digitalizzi il settore della costruzione e la sua filiera, come successo in altri settori industriali, a partire dall’auto.
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A guidare il gruppetto di pionieri è Angelo Ciribini, tra i massimi esperti a livello europeo, docente all’Università di Brescia e animatore di gruppi di interesse in ambito accademico e imprenditoriale.
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Il Bim evidenzia un’altra fragilità tutta italiana, quella delle stazioni appaltanti. «In un contesto di forte digitalizzazione - dice Ciribini - è il committente ad assumere un ruolo cruciale poiché sin dalla formulazione dei “requisiti informativi” guida l’intera catena di fornitura. Ma ciò implica che abbia una notevole padronanza del manufatto che commissiona e che il suo intento sia tutto focalizzato sulla operazionalità lungo il ciclo di vita utile», compresi aspetti come la manutenzione, la gestione, l’usura dei materiali. «Il punto di fondo - dice Ciribini - risiede nella disponibilità degli operatori a mettere in discussione ruoli e responsabilità e addirittura la propria stessa identità».
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