Il Sole 24Ore Edilizia e Territorio
24 gennaio 2015
Massimo Frontera

 

Il 7 settembre 2012, l’allora viceministro delle Infrastrutture Mario Ciaccia (ministro Corrado Passera) annunciava la disponibilità di 2 miliardi di euro (ma che sarebbero potuti arrivare a «6 miliardi») e l’avvio dei primi cantieri entro l’anno. La previsione si è rivelata largamente ottimistica. 

L’iniziativa voluta dal Governo guidato da Mario Monti ha suscitato molto entusiasmo e grandi aspettative tra gli operatori perché era il segnale di un ritorno di attenzione sulle città, a dieci anni dagli ultimi programmi complessi promossi e gestiti da un’amministrazione centrale (i contratti quartiere, solidamente incardinati a Porta Pia). 

(...) In questo modo la dote del Piano città è arrivata a 318 milioni di euro assegnati complessivamente a 28 città. Cifra nettamente inferiore ai 2 miliardi annunciati, e inadeguata a sostenere l’atteso rilancio delle politiche urbane. 

(...)

Gli errori da non ripetere

La centralità del progetto non è un principio che vale solo per l’opera fisica; ma è un valore prezioso cui fare riferimento anche quando si concepiscono programmi ambiziosi, come lo era il Piano città, per come è stato promosso dal governo Monti. Le stime sulla potenzialità di attrazione degli investimenti erano molto sopravvalutate; le fondamenta giuridiche “alternative” scelte non sono state la “Ferrari” che ci si aspettava. E l’ampio potere discrezionale, nella scelta di interventi e di territori, di cui ha goduto il Piano città, è stato sprecato: alla fine il piano si è ridotto a una lista di opere pubbliche che si fatica veramente a considerare come i pezzi di un più vasto puzzle di una rinascita urbana.

 

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