Corriere della Sera
14 gennaio 2015
Sergio Rizzo
Non sappiamo se Parigi sarebbe scampata al massacro. Ma difficilmente i fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly ne sarebbero stati i responsabili, se non fossero cresciuti nelle banlieue.
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Sono quelle le prime polveriere. Dove la bruttezza, l’assenza di servizi, il degrado ambientale e la scarsa presenza dello Stato rappresentano un brodo di coltura ideale per la criminalità, il proselitismo fanatico e il terrorismo. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, a seconda delle situazioni che di volta in volta si determinano.
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Fatti come quelli che hanno consegnato in modo allucinante alle cronache il quartiere romano di Tor Sapienza alludono a scenari preoccupanti anche in casa nostra, e sbaglieremmo a non prenderne coscienza. Adottando una contromisura efficace e radicale su cui molti insistono da anni. Ovvero, la rottamazione e il risanamento delle periferie. Insistono gli urbanisti: Aldo Loris Rossi va predicando sulla necessità di distruggere almeno 45 milioni di vani costruiti dopo il 1945 senza qualità né efficienza energetica, né regole asismiche. Insistono gli architetti: il senatore a vita Renzo Piano parla di «rammendare» le periferie per ricomporre tessuti urbani sfigurati dove vivono, secondo alcune stime, almeno 28 milioni di persone, il 46 per cento della popolazione italiana.
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